giovedì 12 novembre 2020

Quello che mi spetta - Recensione

 

Ciao a tutti, cari Eclettici!

Eccomi tornata con una nuova recensione. Questa settimana ho letto un romanzo prestatomi da un'amica di mia madre, anche lei accanita lettrice: Quello che mi spetta di Parinoush Saniee (ed. Garzanti). Non appartiene ai miei generi preferiti, ma ho voluto comunque dargli una possibilità. 

E' stato pubblicato nel 2003 in Italia e in Iran, paese d'origine dell'autrice, ha avuto una storia editoriale unica e piuttosto travagliata: è considerato "un bestseller e un romanzo controverso". Dopo più di una dozzina di edizioni, il governo iraniano ne ha vietato la pubblicazione. In seguito, dopo la causa promossa dall'autrice, ne è stata autorizzata la ristampa ed è diventato un successo, ricevendo anche il consenso della critica. 

Trovate qui sotto il mio parere!


Teheran. A quindici anni Masumeh non ha mai conosciuto la libertà. Conosce l’obbedienza. Al padre e ai fratelli. Conosce le percosse, di cui spesso è vittima. Conosce i doveri che si pretendono da una ragazza d’onore come lei: portare il chador, servire l’uomo sempre e comunque, camminare svelta con lo sguardo rigorosamente rivolto verso il basso. Eppure, oggi, Masumeh ha disobbedito. Ha osato alzare gli occhi verso il giovane che ogni giorno la osserva negli stretti vicoli della città. Lui è Saeid e lavora come apprendista in una farmacia. Basta poco perché quello scambio di sguardi si trasformi in un amore forte e appassionato. Un amore pericoloso, impossibile da nascondere. A scoprirli è il fratello maggiore di Masumeh. La ragazza deve essere punita, si è macchiata del peggiore dei peccati, amare. Ma le botte e la violenza non bastano. Per salvare l’onore della famiglia si deve sposare, subito, con un uomo scelto dai fratelli. Da questo momento in poi a Masumeh non resta altra scelta che accettare il suo destino. Prima come moglie dedita a compiacere ogni desiderio di un marito assente ed egoista, poi come madre di tre figli. E mentre l’Iran è sconvolto dalla rivoluzione, attingendo a una forza che non credeva di avere, la donna sacrifica sé stessa per crescerli e farli studiare. A darle coraggio è l’amore silenzioso che coltiva dentro di sé. Perché non ha mai dimenticato Saeid. E attende solo il giorno in cui finalmente forse avrà quello che le spetta.

 

 


Portare il velo, non ridere, non fare troppo rumore, non mettere a repentaglio l'onore del padre, non interagire con gli estranei, specialmente con gli uomini. Sono moltissime le regole, culturali e religiose, a cui deve sottostare Masumeh, protagonista e voce narrante di questo romanzo. Cresciuta in una famiglia dall'impronta tradizionale, fondata sul rispetto dei precetti dell'Islam e sul maschilismo, non può compiere nessuna scelta in autonomia. Deve tollerare senza protestare la tirannia dei fratelli maschi, viene continuamente rimproverata dalla madre, che preferirebbe vederla sposata piuttosto che diplomata. Ma Masumeh non è una ragazza che si arrende: vuole studiare, ottenere il diploma e poi frequentare l'università, anche andando contro il volere dei famigliari. 

Un giorno, lungo la strada per andare a scuola, si imbatte in Saeid, giovane apprendista farmacista, del quale si innamora (ricambiata) a prima vista. Purtroppo questo amore non è destinato ad avere un futuro: scoperta dai fratelli e accusata di essere una poco di buono, Masumeh viene costretta a sposarsi in fretta e furia. Il marito prescelto, Hamid, è l'opposto della figura maschile a cui la ragazza è abituata: di mente aperta e convinto attivista politico, concede alla giovane moglie molti più "diritti" di quanti ne abbia mai avuti in precedenza. Ma, come Masumeh scoprirà in seguito, tutto, anche la libertà, ha un prezzo. 



Secondo me le donne sono fra gli esseri umani più sfruttati della storia. I primi a essere soggiogati da altri esseri umani, considerati alla stregua di oggetti... e purtroppo è ancora così.

 

Il romanzo è ambientato in Iran, a Teheran, prima e dopo il periodo della Rivoluzione Islamica (1978-1979). In alcuni punti, complici le vicende personali di Masumeh e del marito attivista, ripercorriamo la storia del Paese in cui vivono, in cui un'epoca segnata dalla tirannia dello scià viene seguita da qualche breve interludio di pace e tolleranza, per poi precipitare in un nuovo regime improntato sulla religione. 

Per tutta la sua vita Masumeh deve sottostare a numerose imposizioni: quelle decise dalla politica iraniana, le tradizioni della propria famiglia, i costumi mutevoli della società e perfino quelle egoiste dei suoi stessi figli. Non è mai stata veramente libera, né di scegliere di propria volontà cosa fare o non fare, né di seguire il proprio cuore. Le critiche altrui, però, non hanno mai smorzato il suo carattere battagliero e tenace: Masumeh dimostra a tutti di essere forte quanto (e forse più) degli uomini che la circondano, non si lascia abbattere dalle difficoltà e dagli ostacoli che costellano il suo destino. Non abbandona i suoi sogni, impara a ragionare con la propria testa e difende a spada tratta le persone che ama, spesso mettendo da parte se stessa. E' un personaggio da ammirare e da cui prendere esempio, dotato di una grande forza di volontà e un profondo spirito di sacrificio. Tuttavia questo indiscusso altruismo è un'arma a doppio taglio, che finisce per allontanarla dalla vera felicità e non le permette di esprimersi liberamente.



Ero il capitano di una nave che stava colando a picco al quale i membri dell'equipaggio avevano affidato la loro vita, ma anch'io avevo bisogno di una scialuppa di salvataggio che mi portasse via dal disastro, il più lontano possibile, e non avevo più la forza di sostenere il peso di quelle responsabilità.


Lo scopo dell'autrice non è raccontare una singola storia, ma dare una visione d'insieme, introdurre e analizzare diverse figure femminili (e maschili). Oltre alla protagonista, ci sono Khanum Jun, la madre di Masumeh, che incarna lo "stereotipo" della donna musulmana: fedele in qualsiasi circostanza al marito e ai figli maschi, molto devota e dalla mente ristretta; poi c'è Parvaneh, la migliore amica della protagonista, proveniente da una famiglia borghese meno radicale, che le concede libertà che a Masumeh sono precluse; infine Shahrzad, colta e dagli alti ideali, pronta a battersi per garantire al popolo iraniano un futuro migliore e una società più giusta. 

Nessuna di loro ha una vita facile: le loro esistenze, come quella della protagonista, sono condizionate dalla politica, dai costumi e dalle persone con cui vivono. Devono sopportare privazioni, la mancanza quasi totale di diritti civili, guerre e solitudini dolorose. Chi cerca di ribellarsi e lottare viene inevitabilmente sottomesso, imprigionato e torturato. Il lieto fine sembra un'utopia, nella società iraniana descritta dall'autrice.

 


- Torni a prendermi, vero?
- Certo che torno! Pensi che mi possa dimenticare del mio ometto speciale?
- No, ma ho paura che tu ti perdi!
- Perdermi? Stai tranquillo, i grandi non si perdono.
- Sì che si perdono, e quando si perdono non si ritrovano più!

 

Io sono una persona molto empatica e che sopporta poco le ingiustizie, quindi per me è stata dura leggere questo romanzo, pur sapendo benissimo che non si tratta di una reale autobiografia.

Per il messaggio che trasmette e gli spunti per riflettere che dona al lettore, gli avrei assegnato il massimo dei voti. Purtroppo in alcuni punti l'ho trovato poco scorrevole, pesante e non molto coinvolgente, quasi stessi leggendo un testo di storia. Quindi, per quanto l'abbia trovato meritevole e interessante, non mi sento di dargli più di tre punti su cinque. Lo consiglio comunque a tutti, specialmente a chi vuole saperne di più sulla cultura e sulla storia iraniana.


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Titolo: Quello che mi spetta
Titolo originale: Sahme Man
Autore: Parinoush Saniee
Editore: Garzanti
Prezzo: 11,90 euro (cartaceo); 7,99 euro (eBook) 
Pagine: 429
 
 
 
 
 
 
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Spesso mi chiedo cosa mi spettasse realmente, e se io abbia mai avuto qualcosa che fosse davvero destinato a me o se invece sia stata partecipe e vittima di quello che spettava agli uomini della mia vita, dei loro ideali e obiettivi. Ero stata sacrificata per l'onore di mio padre e dei miei fratelli, avevo pagato per gli ideali di mio marito e le sue scelte da eroe, e anche per i doveri verso la patria dei miei figli. Ma io chi ero? [...] Non ero mai stata lodata e acclamata per le mie capacità e la mia forza, ma per quelle dei miei uomini. [...] Era come se io non esistessi, se non avessi alcun diritto. Quando avevo vissuto e lavorato per me stessa? Quando avevo avuto il diritto di decidere? Quando mi ero stato chiesto che cosa volessi veramente?

 

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