Buon inizio settimana, Eclettici lettori!
Per questa nuova puntata della rubrica DIAMO I NUMERI ho pensato di proporvi una tematica molto attuale e sulla quale mi sorprendo spesso a riflettere: quella dell'immigrazione.
Vi presento quattro opere letterarie, autobiografiche e non, che mi sono rimaste particolarmente nel cuore (più un bonus).
Vi presento quattro opere letterarie, autobiografiche e non, che mi sono rimaste particolarmente nel cuore (più un bonus).
Quando Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, vide Anila per la prima
volta rimase di sasso. Quella bambina non avrà avuto più di dieci anni.
Che cosa ci faceva una creatura così piccola, da sola, in una nave piena
di naufraghi disperati? Di solito, ragionò, i bambini di quell'età
arrivano qui in Italia accompagnati dai genitori, o da un amico di
famiglia o da qualche altro adulto conosciuto lungo il viaggio. Allo
stupore di quel primo istante seguì una certezza: l'arrivo a Lampedusa
per Anila non era la fine di un lungo viaggio ma solo una tappa
intermedia, un nuovo punto di partenza verso il suo vero obiettivo,
trovare la mamma «da qualche parte in Europa» e salvarla. Da tutto.
Dalla prostituzione, dal vudù africano che la teneva in scacco, dalla
non meno malefica burocrazia occidentale, ma soprattutto dai suoi stessi
sensi di colpa. Pietro Bartolo accetta di accompagnare Anila lungo
questo suo nuovo percorso. E, attraverso i suoi occhi neri e
profondissimi, si proietta dentro l'interminabile incubo dei tanti
migranti bambini che negli anni sono arrivati - da soli - sulle coste
italiane: la miseria di Agades, la traversata del deserto, gli orrori
delle carceri libiche, il terrore del naufragio nelle acque gelide di un
Mediterraneo invernale e ostile. A metà strada esatta tra un romanzo di
formazione e un documentario, queste pagine ci permettono di toccare
con mano, di scoprire in prima persona che cosa c'è davvero dall'altra
parte dell'«allarme immigrazione», quello che troviamo rilanciato negli
slogan più beceri di questo medioevo permanente in cui la politica ci ha
catapultati. Un libro per capire l'importanza di essere testimoni.
Perché, alla fine, l'unico pericolo che corre davvero la nostra civiltà
davanti al tumultuoso flusso migratorio di quest'epoca è quello
dell'incomprensione e della stupidità.
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato,
può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei
migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo
padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che
guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco
perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai
diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino
alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti
accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che
diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di
amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e
l'incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l'Iran, la
Turchia e la Grecia. Un'odissea che lo ha messo in contatto con la
miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è
riuscita a fargli perdere l'ironia né a cancellargli dal volto il suo
formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove
fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia.
Trovate qui la mia recensione.
Saad è un ragazzo onesto e beneducato, ha un padre colto e stravagante,
una madre protettiva e tre amatissime sorelle, studia per laurearsi in
giurisprudenza e vuole sposare Leila, la ragazza di cui è innamorato. Ma
Saad ha un problema, è iracheno, e quello che in altri paesi è un
percorso di vita normale in Iraq è semplicemente impensabile. La feroce
dittatura di Saddam Hussein, la guerra, l'embargo e l'occupazione
americana hanno messo il paese in ginocchio, Baghdad è una città
sconvolta da attentati terroristici, non c'è cibo, non ci sono medicine e
regnano l'odio e il sospetto. Come tanti altri, Saad decide quindi di
andare a cercare miglior fortuna in Europa: Londra è la sua meta. Senza
soldi, senza passaporto, inizia una rocambolesca odissea attraverso il
Medio Oriente, il Mar Mediterraneo e l'intero continente europeo. E lui,
Saad, l'Ulisse dei nostri giorni, l'uomo che racconta i pericoli che
attendono chi cerca una nuova casa, un luogo dove vivere un'esistenza
serena. È una favola piena di humour e di malinconia, di momenti dolci e
di momenti decisamente aspri, ed è anche il pretesto per affrontare un
problema scomodo, quello degli immigrati clandestini, che troppo spesso
noi europei benestanti tendiamo a ignorare o a far finta di non vedere.
*
Questo libro è testimonianza. Questo libro porta le prove di quanto è accaduto e accade nel Mediterraneo. Questo libro smonta la propaganda e le bugie sull'immigrazione attraverso le parole e le immagini di chi ha visto, documentato, fotografato, aiutato. Con fotografie di Martina Bacigalupo, Olmo Calvo, Lorenzo Meloni, Paolo Pellegrin, Alessandro Penso, Giulio Piscitelli, Moises Saman, Massimo Sestini, Carlos Spottorno.
* * *
BONUS
Questo libro non parla propriamente di immigrazione, ma del processo inverso: un giovane italiano emigrato all'estero per prestare servizio come volontario. Una testimonianza toccante e necessaria.
Se ti dicono che il mondo è sbagliato e non puoi fare nulla per
aggiustarlo, hai due possibilità: ti rassegni a vivere una vita che non è
la tua, con il dubbio dì sprecare tempo prezioso, o ti rimbocchi le
maniche e provi a migliorare le cose, un bambino alla volta. È quello
che sceglie Nicolò, vent'anni carichi di domande, di energia e di
un'inestinguibile ricerca di senso. A casa, in Italia, mancano le
risposte, le prospettive di un futuro che lo riempia, così sceglie di
partire. Lo zaino che si porta è leggero: è convinto di trattenersi in
India, nell'orfanotrofio di Dayavu Home, per qualche mese. Ma non sa che
in quell'angolo remoto di mondo la sua vita è destinata a cambiare.
Perché presto scoprirà che una vacanza da "volonturista" non è quello
che sta cercando. I venti bambini che incontra sono stati abbandonati
dalla società ma nonostante questo, ogni giorno gli insegnano che si può
sempre rinascere. E anche se Nicolò sa bene che la battaglia contro il
male è persa in partenza, capisce che vale la pena di rischiare tutto
per regalare un solo sorriso ai suoi ragazzini. Così decide di restare:
Dayavu Home diventa la sua Casa, Joshua, direttore dell'orfanotrofio e
suo mentore, un secondo Padre e i bambini la sua Famiglia. "Bianco come
Dio" è la loro storia, il racconto che Nicolò ha scritto - prima su un
blog e poi su Facebook - per raccogliere fondi destinati alla struttura e
agli studi dei ragazzi. È la testimonianza semplice e sincera di una
passione contagiosa che vuole cambiare il mondo, sorriso dopo sorriso.
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