giovedì 26 gennaio 2023

Il pane perduto - Recensione

 

Buon giovedì, cari Eclettici!

Il libro di cui vi parlo oggi è un'autobiografia molto importante, una testimonianza preziosa che tutti dovremmo leggere almeno una volta nella vita: Il pane perduto di Edith Bruck.

 


Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla “Roma bene” degli anni Cinquanta, infine l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.

 


Edith Bruck è una dei pochi bambini/ragazzi sopravvissuti all'Olocausto, scrittrice, regista e, da anni, porta la sua testimonianza nelle scuole di tutta Italia. Nata in Ungheria nel 1931, ultima di sei fratelli, aveva solo tredici anni quando il governo ungherese, alleato della Germania nazista, ordinò la deportazione degli ebrei presenti nello stato. Nel libro racconta il viaggio terribile verso i lager, ammassati come animali nei vagoni, l'arrivo ad Auschwitz e la tremenda vita nel campo, la speranza giunta con la liberazione, il ritorno traumatico alla vita, in una società in cui i sopravvissuti vengono ignorati, non creduti, ritenuti quasi un peso. Tra mille difficoltà, Edith troverà nella scrittura una valvola di sfogo terapeutica e viaggerà per il mondo alla ricerca di un posto in cui sentirsi finalmente a casa.
 

"Mi hanno separata dalla mamma, la mamma, la mamma" ripetevo mentre venni spogliata, e cadevano le mie trecce con i fiocchi e venivo rasata, disinfettata, rivestita con una lunga palandrana grigia, zoccoli di legno ai piedi e sul collo appeso un numero: 11152, da allora il mio nome.
"Mamma, mamma, mamma!" ripetevo a Birkenau, dove si camminava sulle ceneri. Ad Auschwitz dove ci spostarono nel lager C, baracca 11. Per cinque settimane ho continuato a ripetere e ho pianto per la mamma.


Non riesco nemmeno a immaginare il dolore provato da Edith durante e dopo la prigionia. L'essere sopravvissuta alla perdita dei famigliari, al terribile freddo, alla fame, alle violenze fisiche e psicologiche, l'essere sopravvissuta a quell'inferno per poi ritrovarsi in un mondo che non aveva né il tempo né la voglia di ascoltare ciò che aveva da dire, negandole l'aiuto e il conforto di cui aveva bisogno. Per fortuna nel tempo ha trovato persone pronte ad ascoltarla, è riuscita a liberare le parole che teneva dentro di sé grazie alla scrittura e a trovare la forza per testimoniare nelle scuole. Rivivere ogni volta quell'orrore non deve essere per niente facile (per usare un eufemismo): ho ascoltato una sua testimonianza in un documentario e avevo i brividi. Se potete, guardate lo speciale del Tg1 dedicato ai sopravvissuti (link).

 

"Le nostre vere sorelle e fratelli sono quelli dei lager. Gli altri non ci capiscono, pensano che la nostra fame, le nostre sofferenze equivalgano alle loro. Non vogliono ascoltarci; è per questo che io parlerò alla carta".

Quanto a valore morale, questo libro è inestimabile e consiglio a tutti di leggerlo. Se, al contrario, si parla di valore in quanto prodotto letterario, non posso assegnargli (a malincuore) più di 3 punti su 5. Il racconto è frettoloso, quasi impersonale, nonostante l'autrice stia parlando della propria vita e delle proprie esperienze. E' fin troppo riassuntivo; avrei dato più spazio alle emozioni, ai pensieri e alle riflessioni come quelle presenti nella parte finale, che permettono un maggiore coinvolgimento a livello emotivo.

Resta comunque un'opera da leggere e consigliare, per non dimenticare ciò che è stato e tenere viva la memoria.

 

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Titolo: Il pane perduto

Autore: Edith Bruck

Editore: La nave di Teseo

Pagine: 128

Prezzo: 16 euro (cop. flessibile); 9,99 euro (eBook)

 


 + speciale bollino eclettico



 


 

"Io non prenderò mai un'arma in mano. [...] 
Le guerre portano guerre. Io disarmerei tutto il mondo".



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